Empatia e relazioni interpersonali

Empatia e relazioni interpersonali

Il termine empatia è stato coniato da Titchener nel 1909 come traduzione del termine tedesco “Einfuhlung” (sentire dentro), prese spunto dal termine greco “empatheia” che significa “simpatia”, l’autore applicò il termine sia in rapporto agli oggetti che alle persone, nel senso di “sentire dentro” una situazione o una persona compartecipando alla sua emozione.

Oggi si intende normalmente per empatia un’esperienza di condivisione affettiva che comporta una mediazione cognitiva.
L’empatia è un’abilità sociale fondamentale grazie alla quale è possibile entrare in sintonia con l’altro e consente una comunicazione gratificante ed efficace.

Alla base dell’empatia ci sono alcuni fattori:

  • Contagio emotivo
  • Riconoscimento dell’emozione dell’altro
  • Differenziazione del proprio stato emotivo da quello dell’altro
  • Capacità di assumere il ruolo e la prospettiva dell’altro (role taking)
  • Risonanza e sintonizzazione emotiva

All’origine dell’empatia vi è il contagio emotivo automatico presente fino dai primi mesi di vita, l’empatia si differenzia dal contagio emotivo perché c’è mediazione cognitiva, volontarietà, differenziazione tra sé e l’altro. Il termine empatia va riservato alle forme non automatiche e più complesse di condivisione delle emozioni.

L’empatia ha come prerequisito la capacità di riconoscere le emozioni dell’altro e di differenziarle da sé. Comprendere l’emozione dell’altro significa essere in grado di decodificare i segnali espressivi che l’altro invia: espressioni facciali, gesti, postura, tono della voce, ritmo del parlato e infine il contenuto verbale. Saper discriminare le emozioni dell’altro non significa necessariamente condividerle in modo empatico, negli adulti uno dei meccanismi di difesa utilizzati di fronte all’emozione negativa dell’altro è infatti quella di negare l’emozione rilevata nel timore di non saperla modulare nell’altro e in se stesso.

Un altro prerequisito dell’empatia è saper distinguere tra sé e l’altro, esiste infatti un tipo di empatia definita “egocentrica” che consiste nell’attribuire agli altri l’emozione che noi proveremmo in quella determinata situazione mentre gli stati interni dell’altro restano sconosciuti. Il fatto che una determinata situazione eliciti in tutti lo stesso stato emotivo non è affatto scontato.

Secondo Feshbach un’altra componente dell’empatia è la capacità di assumere il ruolo e la prospettiva dell’altro (role taking). Per poterlo attuare è necessario tenere conto delle caratteristiche della situazione e del modo dell’altro di percepirla in funzione dei suoi valori, atteggiamenti e caratteristiche di personalità. Spesso constatiamo che le emozioni dell’altro sono diverse da quelle che proveremmo noi in situazioni simili. Il role taking, cioè il rappresentarsi quale potrebbe essere il vissuto dell’altra persona, non è di per sé empatia perché manca la risonanza emotiva.

Secondo Bonino e altri:” L’empatia più evoluta si fonda dunque sulla rappresentazione del vissuto dell’altra persona, e su un completo decentramento, che rende possibile il comprendere che il vissuto dell’altro può essere molto diverso dal proprio anche in una situazione simile.”.

L’ultimo aspetto dell’empatia è la condivisione affettiva, paradossalmente anche se dobbiamo differenziare il nostro stato emotivo da quello dell’altro dobbiamo, per provare empatia, sperimentare un certo grado di rispecchiamento e sintonizzazione, in questo caso i processi cognitivi di riconoscimento e decentramento si intersecano con quelli affettivi. Si tratta di accogliere e fare propri gli affetti dell’altro attraverso il processo di introiezione che consiste nella capacità di incorporare sentimenti, pensieri e atteggiamenti altrui.

Numerosi autori hanno sottolineato che i soggetti empatici sono meno inclini a mettere in atto comportamenti aggressivi perché sarebbero più in grado di comprendere le possibili conseguenze sull’altro del proprio comportamento.

L’empatia comporta anche il sentirsi spinti a supportare l’altro nel tentativo di aiutarlo a superare la situazione difficile.

L’empatia consente ai genitori di cogliere i bisogni del bambino e di rispondere ai suoi bisogni. Il bambino che si sente sentito sviluppa modelli mentali e aspettative fondate sulla convinzione di essere ascoltato, compreso e che i suoi bisogni possono essere soddisfatti. La sintonizzazione del bambino sugli stati emotivi dei genitori gli consente di amplificare gli stati positivi e regolare gli stati negativi imparando così ad autoregolare le emozioni.

L’empatia sostiene un comportamento di preoccupazione per il benessere dell’altro con attenzione alle sue esigenze ed è alla base di comportamenti atti a sostenere l’altro nell’affrontare situazioni negative. In questo senso il soggetto empatico sembra più predisposto ad avere relazioni sane e meno conflittuali.

Avere una elevata sensibilità agli stati d’animo dell’altro può avere conseguenze negative se non siamo in grado di disidentificarci dall’emozione elicitata, potremmo infatti esserne travolti o sentire un desiderio troppo intenso di aiutare l’altro a scapito dei nostri bisogni.

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Dr. Marina Ugolini

Bibliografia
Empatia – Bonino, Lo Coco, Tani