Sei credenze che possono migliorare le nostre relazioni

Sei credenze che possono migliorare le nostre relazioni

Alcune persone mettono in atto nella relazione con gli altri strategie poco funzionali che possono essere dannose per il nostro benessere psicologico. Le credenze in base alle quali pensiamo e agiamo sono spesso inconsapevoli dal momento che si tratta di processi automatici costruiti nel corso della nostra storia di vita a partire dall’infanzia o sono processi innati che si sono sviluppati nel corso dell’evoluzione delle specie.

Se non ci soffermiamo a riflettere sui nostri modi di valutare l’altro e noi stessi e sulle modalità di metterci in relazione rischiamo di ripetere costantemente gli stessi errori che possono impattare sull’autostima, sulle nostre capacità di scelta, sul giudizio che abbiamo degli altri e di noi stessi e possiamo trovarci a vivere relazioni estremamente conflittuali.

Qui di seguito propongo credenze che possono contribuire a modificare la propria prospettiva abituale scoprendo altri modi di vedere la realtà.

Informazione su di sé/informazione sull’altro

Se abbiamo la tendenza a sentirci giudicati dagli altri questa credenza può essere di grande aiuto. Si tratta di cambiare prospettiva e considerare il comportamento e le parole dell’altro o le situazioni come un’informazione sull’altro e non su di noi. In che senso? Nel senso che ascoltando e vedendo l’altro, se siamo sensibili al giudizio, evidentemente poniamo tutta l’attenzione su quello che riguarda noi e siamo concentrati su quello che l’altro pensa di noi invece di porre l’attenzione sull’altro per  farci un’idea abbastanza precisa della persona che abbiamo di fronte. Porre l’attenzione sull’altro ci aiuta a sottovalutare i segnali di giudizio nei nostri confronti e ci consente di valutare con maggiore facilità l’interlocutore.

Secondo Guidano: “Sentirsi giudicato dall’altro è uno dei possibili modi con cui gli altri possono essere visti.”.

Considerare il comportamento degli altri come informazione su di sé significa che l’altro definisce chi sono e quanto valgo, in questo senso l’immagine di sé che emerge proviene dagli altri, dalle loro parole e comportamenti e non da una valutazione autonoma di noi stessi. Portare l’attenzione in termini di informazione sull’altro ci permette di capire meglio e più velocemente come l’altro vede se stesso e il mondo, ci consente di approfondire la conoscenza dei suoi bisogni e desideri, l’altro “viene visto” non solo in relazione a sé.

Spesso quando siamo in relazione siamo concentrati su quello che diremo e su quello che l’altro pensa di noi e tendiamo a ridurre al minimo l’ascolto dell’altro per quanto riguarda le sue aspettative, i suoi bisogni e desideri e l’immagine che ha di sé. L’idea invece è di spostare gran parte dell’attenzione sull’altro per acquisire il maggior numero di informazioni possibili su di lui senza concentrarci sui segnali che ci riguardano. Probabilmente pensiamo di farlo ma non è detto che sia così, proviamo a rifletterci.

Separare quello che è mio da quello che è tuo

Siamo costantemente in relazione con qualcuno, in coppia o in gruppo. I nostri bisogni, desideri, modi di vedere il mondo sono costantemente influenzati dalle relazioni duali, di gruppo e dalle informazioni che ci bombardano provenienti da giornali, televisione, internet, film.

Imitare e confrontarsi sono processi innati che si attivano in modo automatico che si sono evoluti nel corso di migliaia di anni e hanno consentito la sopravvivenza della specie che si è svolta principalmente in gruppo.

Il risultato di questa continua esposizione a modelli esterni può creare confusione rispetto a ciò che realmente desideriamo, può influenzare le nostre scelte e il giudizio che abbiamo di noi stessi. Stabilire confini tra me e l’altro, tra quello che desidero veramente e quello che desidero perché sono esposto a stimoli esterni può favorire il benessere della persona che in questo modo tenderà a fare scelte fondate sui propri reali bisogni e desideri.

Può essere utile in questo senso scrivere quali sono i propri desideri e bisogni e cercare di capirne l’origine separando “quello che è mio” da “quello che è tuo” ed eventualmente riportare alla memoria i nostri valori fondamentali che ci guidano nella vita a volte inconsapevolmente.

L’altro ha i suoi problemi personali

Quando siamo in relazione con qualcuno spesso pensiamo che le sue reazioni a un nostro comportamento siano dovute esclusivamente a noi, a quello che pensa di noi e all’effetto del nostro comportamento.

In effetti può essere salutare iniziare a pensare che l’altro può essere in alcuni casi soverchiato da problemi personali di qualche tipo che gli impediscono di ascoltare le nostre richieste in modo adeguato o che lo portano a reagire con irritazione o poca considerazione dei nostri bisogni. L’altro può essere stanco, irritato, depresso, ansioso, distratto da altri problemi. Possiamo notare lo stato d’animo dell’altro soprattutto  portando attenzione alla sua comunicazione non verbale: espressioni facciali, postura, gesti, ritmo del parlato, pause, tono della voce.

Partire da sè

Spesso quando c’è un problema relazionale crediamo che sia a causa di un problema di personalità dell’altro, che sia egoista, che non ci ascolti, che sia irresponsabile o altro. Utilizzando frasi del tipo: ”Non sei mai…”, “Sei sempre…”. Queste sono frasi critiche che presuppongono che l’altro sia in qualche modo sbagliato. Raramente ci soffermiano a riflettere su quale sia l’effetto su di noi in determinate situazioni, anche se proviamo emozioni e sviluppiamo pensieri lo facciamo in modo automatico per poi spostare l’attenzione sull’altro e le sue supposte colpe.

L’idea sarebbe quella di censurare espressioni di questo tipo spostando l’attenzione sugli effetti che la situazione relazionale ha su di noi, iniziando le frasi con affermazioni relative ai propri sentimenti: “Mi sento…”, “Sono infastidito quando…”, Mi sento stressato quando…”, “Sono in ansia quando…”. Queste affermazioni descrivono come ci sentiamo senza accusare il partner di esserne la causa, semplicemente comunicano un nostro stato d’animo in specifiche situazioni, in queste frasi si può anche comunicare di che cosa abbiamo bisogno per sentirci meglio.

Esprimere così la propria posizione riguardo a un determinato evento ci evita di attivare un conflitto. Si tratta di porre attenzione, nel formulare la frase, al fatto che non sia presente una velata critica al partner ma che il contenuto si riferisca esclusivamente a una nostra condizione personale e a nostri bisogni e desideri. In conclusione se applichiamo questo approccio evitiamo che critica e disprezzo dominino la comunicazione.

Validare la posizione dell’altro prima di esporre la propria

In relazione molti di noi tendono a sostenere la propria posizione semplicemente mettendosi in contrapposizione a quella dell’altro, questa modalità può sfociare in una comunicazione conflittuale che non risolve la situazione ma genera ulteriore tensione nella relazione. Un’abilità che può essere facilmente acquisita è quella di validare la posizione dell’altro, può essere sufficiente dire: “Capisco la tua posizione, io penso che…”, oppure: “Quindi mi stavi dicendo che…, lo capisco, ma…”. In questo modo l’altro si sente ascoltato ed è più disponibile a sua volta ad ascoltare, a tenere conto di quello che diciamo ed eventualmente a trovare un compromesso. Questa modalità inoltre ci porta a mantenere l’attenzione su quello che l’altro dice, comprendendo meglio la sua posizione, invece di avere l’attenzione solo su quello che pensiamo e vorremmo dire. Spostare l’attenzione sull’altro ci aiuta a capirlo meglio e probabilmente ad avere una posizione meno conflittuale.

Il confronto continuo

Per la sopravvivenza di un uomo primitivo era essenziale l’appartenenza al gruppo, pena la sua stessa sopravvivenza. Appartenere a un gruppo significa mettere in atto una serie di strategie tra le quali quella del confronto continuo. Dai nostri antenati abbiamo ereditato questa tendenza al confronto che preveniva la possibilità di essere esclusi dal gruppo.

La tendenza a confrontarsi, o il confronto sociale, si verifica quando una persona valuta se stessa in relazione agli altri, spesso confrontando le proprie abilità, successi o caratteristiche con quelli degli altri. Questo confronto può influenzare l’autostima e il benessere emotivo in modi positivi o negativi. Positivamente, può motivare le persone a migliorare e ad aspirare a obiettivi più elevati. Tuttavia, può anche portare a sentimenti di inadeguatezza, invidia o bassa autostima.

Confrontarsi in modo automatico e continuo ha effetto sul nostro benessere psicologico soprattutto perché nella società odierna il confronto non è soltanto all’interno dei gruppi reali di appartenenza ma siamo esposti a un mondo virtuale che di reale ha ben poco. I modelli proposti dai media sono inevitabilmente di persone che si presentano al meglio di loro stesse, solo raramente in pubblico le persone parlano dei loro problemi, delle emozioni negative, dello stress, dei traumi e delle difficoltà umane e quotidiane se non in modo spettacolarizzato.

In questo senso interiorizziamo modelli irraggiungibili con il risultato di alimentare un’immagine negativa di noi stessi e finiamo con il non sentirci mai all’altezza. Può essere utile cominciare a notare quando tendiamo a confrontarci sviluppando una maggiore consapevolezza riguardo a questo processo per poter così decidere se confrontarci o meno.

Quest’attenzione al confronto può servirci a capire quando lo mettiamo in atto e in certe situazioni ci consente di renderci conto che probabilmente un nostro stato d’animo negativo è stato generato da un involontario confronto con un’immagine di altri che abbiamo incontrato.

Se pensi di aver bisogno di un consulto psicologico e di iniziare una psicoterapia online, puoi fissare un appuntamento scrivendo a info@marinaugolini.it

dr Marina Ugolini

Bibliografia

La trappola della felicità – Russ Harris

Psicoterapia tra arte e scienza – Vittorio Guidano

Dieci principi per una terapia di coppia efficace – Gottman e Gottman