
Nel panorama della clinica cognitivo costruttivista contemporanea, la tendenza a esercitare un controllo sull’altro non può essere semplicemente intesa come un comportamento disfunzionale o patologico. Al contrario, si configura come un'espressione di processi motivazionali profondamente radicati e di modalità di costruzione del significato che emergono all'interno della relazione intersoggettiva.
In una prospettiva costruttivista post-razionalista, come proposta da Vittorio Guidano, l’identità personale si costruisce attraverso la coerenza narrativa dell’esperienza. Quando questa coerenza è minacciata, ad esempio dall’imprevedibilità dell’altro, il bisogno di controllo può emergere come tentativo di preservare la continuità del sé. Il comportamento di controllo, quindi, non è tanto diretto all'altro in sé, quanto al mantenimento di uno specifico ordine interno: l’altro deve conformarsi a schemi che il soggetto utilizza per non perdere la propria coesione personale.
Il controllo è spesso utilizzato come meccanismo di difesa per cercare di gestire l’ansia e mantenere una sensazione di sicurezza in situazioni che percepiamo come incerte o potenzialmente minacciose. Quando le persone provano ansia, infatti, possono sentire di non avere il controllo sugli eventi, sulle proprie emozioni, sul risultato delle situazioni o nella relazione con gli altri. Questa sensazione può risultare sgradevole o intollerabile, per cui il bisogno di ripristinare una percezione di controllo diventa un modo per affrontare l’ansia.
Illusione di controllo: cercare di controllare ogni dettaglio della propria vita o di quella degli altri può dare l’illusione di poter evitare imprevisti o risultati negativi.
Riduzione dell’incertezza: il controllo spesso riduce il livello di incertezza, un aspetto che tende a scatenare ansia in molte persone. L’incertezza è vissuta come una minaccia, e la pianificazione e l'organizzazione servono a ridurla.
Ricerca di rassicurazioni: il controllo può includere anche il cercare costantemente rassicurazioni dagli altri, come un modo per calmare l’ansia. Ad esempio, qualcuno potrebbe chiedere conferme continue sul fatto che una situazione andrà bene, poiché le rassicurazioni temporanee placano l’ansia. Tuttavia, questa strategia non risolve la causa dell’ansia, e il bisogno di rassicurazione diventa più frequente.
Se non siamo in grado di mantenere una relazione in cui entrambi siano liberi cercheremo di manipolare o costringere l’altro a pensare, sentire e agire come vogliamo.
Una personalità controllante può svilupparsi per bisogno di sicurezza, la persona presenta incertezza e ansia che possono essere ridotte controllando ogni aspetto della propria vita e degli altri.
Esperienze passate di traumi e abuso possono portare una persona a sviluppare comportamenti controllanti come meccanismo di difesa. Il controllo diventa un modo per prevenire ulteriori traumi o danni.
Situazioni che possono generare la tendenza al controllo dell’altro
- Modelli genitoriali in cui uno o entrambi i genitori erano eccessivamente controllanti può influenzare una persona a sviluppare atteggiamenti simili.
- Vissuti genitoriali di discontinuità della cura e della presenza.
- In alcune culture o ambienti sociali, il controllo può essere visto come una qualità positiva o necessaria, specialmente in contesti lavorativi ad alta pressione.
- Pressione di ruolo: aspettative sociali o professionali possono spingere le persone a sviluppare comportamenti controllanti per essere percepiti come competenti e responsabili.
- In contesti lavorativi o familiari, una posizione di potere può incentivare comportamenti controllanti per mantenere l'ordine o l'autorità.
- Persone con bassa autostima possono sentirsi insicure e cercare di compensare queste insicurezze controllando l'ambiente e le persone attorno a loro.
Motivazioni al controllo
Giovanni Liotti offre ulteriori strumenti per comprendere il controllo attraverso la teoria dei sistemi motivazionali interpersonali (SMI). In particolare, il sistema di attaccamento, quello di cooperazione e l'agonistico diventano centrali.
Quando il sistema di attaccamento è minacciato, il controllo sull’altro può essere una manifestazione di strategie difensive attivate per ridurre l'angoscia di separazione o abbandono. Il controllo, in questa prospettiva, è finalizzato a garantire la prevedibilità dell’altro e, attraverso di essa, la sicurezza relazionale.
Quando le strategie cooperative falliscono o vengono percepite come non sufficientemente rassicuranti, il controllo diventa un modo per "forzare" l’altro a essere una figura sicura, anche a costo di compromettere la spontaneità della relazione.
Nel sistema agonistico il soggetto si confronta costantemente con l'altro in termini di superiorità e inferiorità nel poter accedere a risorse limitate.
Nel modello evoluzionistico e motivazionale di Liotti, il bisogno di controllo emerge quando uno o più sistemi motivazionali fondamentali non trovano risposta adeguata o sono alterati dall’esperienza.
Il controllo diventa allora una strategia per:
- Prevedere il comportamento dell’altro.
- Gestire la relazione in modo da ridurre il rischio emotivo.
- Mantenere la coerenza interna ed evitare il dolore psichico.
Sistema di attaccamento → controllo per garantirsi protezione
Funzione evolutiva: Cercare protezione da figure di riferimento in situazioni di pericolo o vulnerabilità.
Quando si altera: Se la figura di attaccamento è imprevedibile, incoerente, rifiutante o pericolosa, il bisogno di protezione non si può soddisfare in modo spontaneo.
Il soggetto allora sviluppa strategie iperattivate o ipocontrollate per mantenere il caregiver vicino e prevedibile.
Controllo tipico:
- Ipervigilanza verso i segnali dell’altro.
- Tentativi di anticipare i bisogni o le reazioni del caregiver.
- Bisogno di dirigere la relazione per non essere lasciati o feriti.
Sistema collaborativo → controllo per evitare la disgregazione cooperativa
Funzione evolutiva: Collaborare tra pari per scopi comuni, basandosi su fiducia, equità e reciprocità.
Quando si altera: Se durante lo sviluppo il soggetto ha esperito tradimenti, esclusioni o competizioni sleali, la collaborazione viene percepita come rischiosa.
Si attiva allora una strategia di controllo per gestire la cooperazione e proteggersi da esperienze di svalutazione o inganno.
Controllo tipico:
- Regolare rigidamente le modalità di cooperazione.
- Pretendere "lealtà assoluta" e "rispetto delle regole" autoimposte.
- Diffidenza verso l’iniziativa spontanea dell’altro.
Sistema agonistico → controllo per ottenere dominio e riconoscimento
Funzione evolutiva: Competere per il riconoscimento e la posizione sociale all'interno del gruppo.
Quando si altera: Se l’esperienza precoce ha associato il valore personale solo alla vittoria o alla superiorità, il bisogno agonistico si cronicizza. Il soggetto vive ogni relazione come una lotta di posizione.
Controllo tipico:
- Tentativi di prevalere sull’altro (non solo fisicamente, anche intellettualmente, emotivamente).
- Imposizione del proprio punto di vista.
- Intolleranza alla perdita o alla "sconfitta
Come riconoscere se è attivo il sistema di attaccamento, quello agonistico o il collaborativo?
Sistema di attaccamento
- La persona esprime emozioni dolorose o racconta eventi che le hanno procurate
- Richieste di guida o aiuto
- Racconti di situazioni in cui la persona ha ricevuto o gli è stato negato aiuto da terzi
- Accuse di disattenzione
- Affermazioni di autosufficienza o dipendenza
- Descrizioni di lutti o perdite
- Descrizione di abbandoni reali o immaginati
- Descrizioni di periodi prolungati di solitudine
- Descrizione di maltrattamenti subiti
Sistema agonistico
- Confronto in termini di giudizio di superiorità/inferiorità
- Critica verso l’altro o verso se stessi
- Ordini, comandi, prescrizioni
- Descrizione di punizioni o minacce di punizioni
- Dichiarazioni di merito o demerito
- Dichiarazioni di diritto di accesso a una risorsa
- Dichiarazioni di libertà da ordini o ingiunzioni
- Dichiarazioni di indegnità propria o dell’altro
- Descrizione di episodi che inducono umiliazione, vergogna, imbarazzo
- Dichiarazioni di disgusto o disprezzo verso sé o altri
- Dichiarazioni di invidia
- Dichiarazioni esplicite di trionfo
- Dichiarazioni di timore del giudizio e ansia da prestazione
- Dichiarazione del diritto di essere rispettati
- Dichiarazioni di vittimismo
- Rabbia con svalutazione dell’altro
- Espressioni di sfida esplicite
- Insulti
- Sprezzante disaccordo
Sistema collaborativo
- Uso del pronome noi
- Presenza di obiettivi comuni
- Senso di lealtà
- Affermazioni di percepirsi alla pari con l’altro
- Descrizione di esperienze condivise
- Espressioni esplicite di accordo
- Esplorazione congiunta di temi di comune interesse
- Richiami a un precedente patto, accordo.
- Espressioni di rammarico per il mancato rispetto di un accordo.
Manipolazione al servizio del controllo
La manipolazione emotiva: consiste nell’utilizzo di colpa, vergogna, paura o altre emozioni per influenzare e controllare il comportamento dell'altro.
Se pensiamo di essere in relazione con una persona che cerca di controllarci o siamo noi stessi a cercare inconsapevolmente di controllare l’altro possiamo imparare a riconoscere le tecniche manipolatorie e capire come funzionano.
Si può cercare di prestare attenzione ai segnali di manipolazione, come sentimenti di confusione, colpa o impotenza se siamo i controllati o emozioni di trionfo orgoglio, disprezzo superiorità se siamo noi a controllare.
La messa in atto del controllo tende ad aumentare il disagio dell’altro e a deteriorare il legame fino al punto di farlo finire.
Il controllo a lungo termine non è una strategia efficace per mettersi in relazione perché tende a generare conflitto e sofferenza.
Tecniche manipolatorie comuni
- Gaslighting: far dubitare una persona della propria memoria, percezione o sanità mentale. Negare che qualcosa sia successo o insistere che la persona sta immaginando le cose. Induce confusione, insicurezza e perdita di fiducia in sé stessi.
- Colpevolizzazione: utilizzare il senso di colpa per far sì che qualcuno faccia ciò che si vuole. "Se davvero mi amassi, faresti questo per me." Induce senso di colpa e manipola la persona a soddisfare le richieste dell’altro.
- Svalutazione: criticare, sminuire o denigrare continuamente qualcuno per minarne l'autostima. "Non sei mai abbastanza bravo, non penso proprio che ci riuscirai". Erosione dell'autostima e della fiducia in sé.
- Isolamento: allontanare la persona dalle sue reti di supporto (amici, famiglia) per renderla più dipendente. Insistere che gli amici o la famiglia non capiscono o non sono importanti. Aumenta la dipendenza e il controllo sull’individuo isolato.
- Ricompense e punizioni: utilizzare premi e punizioni per controllare il comportamento. "Se fai questo, ti ricompenserò; se non lo fai, ti punirò." Modella il comportamento inducendo conformità e dipendenza.
- Lusinghe e adulazione: usare complimenti e adulazioni per ottenere la fiducia e la conformità. Elogiare eccessivamente qualcuno per ottenere un favore. Può indurre la persona a sentirsi obbligata a restituire il favore.
- Doppio legame: mettere qualcuno in una situazione in cui qualsiasi scelta faccia, sarà sbagliata. Crea confusione e senso di impotenza.
- Fingere ignoranza o incompetenza: fingere di non sapere come fare qualcosa per far sì che qualcun altro lo faccia. "Non so come fare, potresti farlo tu per me?" Fa sì che l'altra persona si assuma responsabilità non sue.
- Proiezione: attribuire i propri pensieri, sentimenti o comportamenti negativi agli altri. Accusare qualcun altro di essere geloso quando in realtà si è gelosi. Crea confusione e distrazione dalle proprie colpe.
- Ridicolizzare e umiliare: usare sarcasmo, ridicolizzare o umiliare per indebolire la persona. "Ma davvero credi di poter fare quello? È ridicolo." Danneggia l'autostima e la fiducia in sé dell’altro.
- Accesso alle risorse: limitazione dell'accesso a risorse finanziarie, informazioni o opportunità per mantenere il potere e il controllo.
- Aspettative: avere aspettative precise inerenti il comportamento dell’altro e restare delusi se non corrisposti. Chiedere all’altro di comportarsi in un certo modo.
Nonostante nel breve termine il controllo sembri alleviare l’ansia, a lungo andare può diventare controproducente. Per mantenere il controllo, infatti, spesso ci si irrigidisce e si evitano situazioni che possono portare incertezza, limitando le proprie esperienze e crescita personale. Questo atteggiamento può trasformarsi in un ciclo di evitamento, rendendo sempre più difficile gestire l'ansia senza controllo. Di conseguenza, se la persona si trova in una situazione in cui il controllo non è possibile, l’ansia può esplodere in modo più intenso, portando persino a sintomi di panico.
Accettazione dell’incertezza: imparare a tollerare l’incertezza e a convivere con il fatto che non tutto può essere sotto il proprio controllo.
Mindfulness: le pratiche di mindfulness aiutano a sviluppare una consapevolezza non giudicante e a vivere nel momento presente, riducendo la necessità di controllo.
Esposizione graduale: esporsi lentamente a situazioni o persone che generano ansia per ridurre la dipendenza dal controllo come meccanismo di difesa.
In un'ottica costruttivista il controllo non è un comportamento da "correggere" o "eliminare", ma una strategia di significazione che va compresa e integrata. Il clinico ha il compito di aiutare il paziente a esplorare la funzione narrativa ed emozionale del bisogno di controllo, favorendo l’emergere di forme più evolute di regolazione affettiva e di cooperazione autentica.
Il lavoro terapeutico non si limita quindi a contrastare il controllo, ma mira a espandere la gamma di possibilità esperienziali dell’individuo, favorendo una maggiore tolleranza dell’ambiguità e dell'incontro con l'alterità.
Se pensi di aver bisogno di un consulto psicologico e di iniziare una psicoterapia online, puoi fissare un appuntamento scrivendo a info@marinaugolini.it
Dr. Marina Ugolini
Bibliografia
L'evoluzione della emozioni e dei sistemi motivazionali - Giovanni Liotti, Giovanni Fassone, Fabio Monticelli